Donne in Prima Linea: la Crescente Violenza contro il Personale Sanitario
Negli ultimi anni, il settore sanitario ha affrontato sfide senza precedenti. Tuttavia, un aspetto drammatico e spesso trascurato di questa crisi è l’aumento delle aggressioni contro il personale sanitario, un fenomeno che colpisce in particolare le donne. Nel 2023, si sono registrate circa 16.000 aggressioni nei luoghi di lavoro, di cui l’80% ha riguardato lavoratrici. Questa situazione preoccupante è il risultato di una combinazione di fattori, tra cui la mancanza di fondi, problemi strutturali e l’elevata pressione a cui sono sottoposti sia i pazienti che gli operatori sanitari.
La scarsità di fondi destinati alla sanità ha portato a una carenza di personale e di strutture, con conseguenti attese interminabili per i pazienti. Questo scenario crea un clima di frustrazione tra i malati e le loro famiglie, che si sentono abbandonati e trascurati. La difficoltà di accesso a cure tempestive può generare tensioni, con pazienti e familiari che riversano la loro rabbia su chi si trova in prima linea: i lavoratori della salute.
Le strutture sanitarie sono spesso sottoposte a un sovraccarico di lavoro, con personale insufficiente per far fronte alla domanda crescente di assistenza. Questa situazione non solo influisce sulla qualità delle cure, ma può anche contribuire a un aumento delle tensioni e delle aggressioni. In un ambiente dove la pressione è costante e le risorse sono limitate, anche il personale più esperto può trovarsi a fronteggiare situazioni di conflitto con pazienti o familiari.
Un altro fattore critico è la comunicazione. La mancanza di chiarezza e trasparenza può generare incomprensioni tra pazienti e operatori sanitari, alimentando ulteriormente la frustrazione. Quando le persone non comprendono le ragioni di un ritardo o di una decisione medica, la loro reazione può manifestarsi in modi aggressivi.
Nonostante l’alto numero di aggressioni, molte di esse non vengono denunciate. Gli operatori sanitari, spesso, non segnalano gli episodi di violenza per paura di ritorsioni o per il timore di apparire deboli. Questa situazione crea un ciclo vizioso in cui le aggressioni continuano a verificarsi, ma rimangono invisibili e non affrontate. La mancata denuncia non solo mette a rischio la sicurezza del personale, ma può anche far sembrare il problema meno grave di quanto non sia in realtà.
È fondamentale sottolineare che l’80% delle aggressioni avviene contro donne, il che riflette una questione di genere nel settore sanitario. Le lavoratrici sono spesso più vulnerabili a episodi di violenza e intimidazione, e questo può avere un impatto devastante sul loro benessere psicologico e sulla loro carriera. Le aggressioni non solo danneggiano il morale del personale, ma possono anche portare a un elevato tasso di turnover, aggravando ulteriormente la carenza di personale.
La UNI/PdR 125, infatti, ha lo scopo di avviare un percorso di cambiamento diffuso per superare la visione stereotipata dei ruoli e attivare i talenti femminili. Affinché le azioni volte al raggiungimento della parità di genere siano efficaci, è stata definita una serie di indicatori (kpi) che garantiscono una misurazione del livello di “maturità” delle singole organizzazioni.
I kpi sono di natura quantitativa e qualitativa: i primi sono misurati in termini di variazione percentuale rispetto a un valore interno aziendale o al valore medio di riferimento nazionale o del tipo di attività economica; i secondi in termini di presenza o assenza. A ogni indicatore è associato un punteggio il cui raggiungimento viene ponderato per il peso dell’area di valutazione: è previsto il raggiungimento del punteggio minimo di sintesi complessivo del 60% per determinare l’accesso alla certificazione. Chi viene certificato, ottiene il marchio UNI, che testimonia l’adesione a un modello unificato.