Certificazione Parità di Genere: pronte le regole

La certificazione della parità di genere, inserita nel Piano Nazionale di Ripresa e resilienza (PNRR), diventa operativa: le imprese possono chiedere agli organismi di valutazione accreditati l’attestato sul possesso di parametri minimi di equità uomo-donna in azienda. Le imprese che ottengono la certificazione devono assicurare un costante monitoraggio degli indicatori, coinvolgimento le rappresentanze sindacali aziendali, consigliere e consiglieri territoriali e regionali di parità, e consentendo loro di esercitare il controllo e la verifica del rispetto dei parametri minimi. Le aziende che in base a specifica istruttoria risultano conformi ai criteri possono ottenere la certificazione, presentando domanda agli organismi di valutazione della conformità accreditati ai sensi del regolamento (CE) 765/2008. Tecnicamente, il certificato attesta la conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021-1 per la UNI/PdR 125:2022.

Le linee guida sui requisiti che le imprese sono tenuti a rispettare prevedono sei aree di valutazione per contraddistinguere un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere. Ogni Area è contraddistinta da un peso percentuale che rileva per la misurazione. Per ciascuna Area di valutazione sono stati identificati degli specifici KPI attraverso i quali misurare il grado di maturità dell’organizzazione attraverso un monitoraggio annuale e una verifica ogni due anni.

Le aree sono “Cultura e strategia”, “Governance”, “Processi HR”, “Opportunità di crescita e inclusione”, “equità remunerativa” e “Tutela genitorialità e conciliazione vita-lavoro”.

Il datore di lavoro redige un rapporto annuale, anche sulla base delle risultanze dell’audit interno. Se sindacati aziendali e consiglieri, sulla base di tale informativa, rilevano anomalie o criticità, le segnalano all’organismo di valutazione che ha rilasciato la certificazione, previa assegnazione all’impresa di un termine non superiore a 120 giorni per risolvere i punti critici sollevati.

Consulta il decreto 29 aprile 2022 della Pari opportunità attuativo della misura contenuta nella Legge di Bilancio (comma 147, legge 234/2021) pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso primo luglio, che fissa i criteri minimi per ottenere l’attestato, clicca qui.

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Gender gap, Italia ferma. Pesa ancora l’emergenza Covid-19

L’Italia si trova al 63° posto nell’ultimo Global Gender Gap Report, lo studio annuale pubblicato dal World economic forum (Wef). Il progresso per recuperare la distanza accumulata durante la pandemia è troppo lento e la ripresa economica debole non aiuta: pesa ancora l’emergenza Covid-19 che porta la parità di genere indietro di una generazione. Come in passato, l’Italia è arretrata soprattutto in materia di partecipazione e di opportunità economiche delle donne, che la fanno scivolare al 110° posto della sub-classifica in materia. Sotto questo aspetto è ultima in Europa e al 114° posto (su 146) per le disparità nelle retribuzioni e al 99° per il tasso di partecipazione alla forza lavoro. La Penisola va meglio, ma senza brillare particolarmente, sul fronte dell’istruzione (59° posto assoluto dal 57° del 2021), mentre per la salute, che include la violenza di genere, è solo 108esima (era 118esima). Infine per il potere politico l’Italia è al 40° posto (dal 41°).

Nel complesso l’Europa ha il secondo livello più alto di parità di genere, con il 76,6%, dopo il Nord America, ma la regione ha registrato un miglioramento marginale di 0,2 punti percentuali rispetto all’anno scorso, con un’attesa di 60 anni per colmare il divario. 

La direttrice generale del World Economic Forum Saadia Zahidi, avverte: «La crisi del costo della vita sta colpendo le donne in modo sproporzionato. Di fronte a una ripresa debole, il governo e le imprese devono compiere due serie di sforzi: politiche mirate per sostenere il ritorno delle donne alla forza lavoro e lo sviluppo dei talenti femminili nelle industrie del futuro. Altrimenti, rischiamo di erodere definitivamente i guadagni degli ultimi decenni e di perdere i futuri ritorni economici della diversità».

Le molestie nel metaverso

Da anni ormai il mondo digitale sembra essersi specializzato nel replicare in Rete le principali becere abitudini del mondo reale e anche il Metaverso non poteva sottrarsi a questa fondamentale regola non scritta. Il recente caso di una donna vittima di molestie sessuali (di un avatar femminile molestato da un avatar maschile) in un ambiente di realtà virtuale apre nuovi interrogativi nel mondo del diritto. La categoria dei giuristi si è posta il non trascurabile obiettivo di riuscire a capire se certi comportamenti punibili nella realtà possano esserlo anche quando si verificano in contesti completamente digitali, come per l’appunto quello del Metaverso. Il caso incriminato si è verificato sulla piattaforma “Horizon Worlds” di Meta, la società che fa capo al patron di Facebook. Questo tipo di piattaforme ricrea un ambiente del tutto virtuale all’interno del quale, grazie a un proprio avatar (o alter ego di se stessi) e a una serie di dispositivi di controllo dei movimenti e a un visore, si può entrare in questo ambiente virtuale interagendo con altri personaggi, a loro volta animati da persone reali. Durante una di queste migliaia di interazioni, vi è stato un episodio che, laddove successo nel mondo reale, sarebbe stato qualificabile come “palpeggiamento di parti intime”. Un avatar gestito da un uomo si è abbandonato a comportamenti inurbani ai danni di un avatar gestito da una donna, con tanto di commenti sessisti da parte di altri utenti collegati che, a loro volta a mezzo dei loro avatar, erano presenti alla scena. La donna ha sporto denuncia, fatto quest’ultimo che apre il sipario su tutta una serie di considerazioni. Il tutto cade sotto la competenza di una corte USA, in quanto la vittima e il molestatore sono americani e la piattaforma in cui è avvenuto il fatto è gestita da una società con sede in America. Negli Stati Uniti, un gesto simile seppur in un ambiente virtuale configura in reato.

L’ordinamento italiano inoltre non prevede, a differenza di altri, un autonomo reato di molestie sessuali. Tuttavia, un importante appiglio giuridico potrebbero offrirlo l’art. 660 c.p. e la sua interpretazione fornita, nel corso degli anni, dalla giurisprudenza. Tale norma punisce il reato di molestie alla persona, intese come il comportamento con cui, in luogo aperto al pubblico, si arrechi ad altri molestia o disturbo per motivi meritevoli di rimprovero. Da questa generica definizione relativa a comportamenti che possono anche non avere nulla a che fare con la sfera sessuale, la giurisprudenza ha provato a elaborare la specifica figura delle molestie a sfondo sessuale, che, pur in mancanza dell’atto materiale del contatto fisico tipico del delitto, si sostanziano in espressioni volgari a sfondo sessuale o in atti di corteggiamento invasivo e insistito. Una simile ricostruzione dovrebbe essere sufficiente a ricomprendere, o almeno a fornire l’aggancio per ricondurre nell’alveo delle molestie a sfondo sessuale, e quindi punire, anche quei comportamenti realizzati per mezzo di dispositivi elettronici nel contesto di ambienti virtuali. Sul punto però sarebbe sicuramente opportuno un intervento del legislatore specificamente mirato a punire simili comportamenti e a tutelare la dignità della persona e la sfera privata, massimamente quella sessuale, di ogni individuo, anche quando la stessa possa venire offesa o violata in ambienti completamente virtuali e digitali.

Al via progetto “Con ME al centro” per sostenere imprenditoria femminile

Prende il via oggi “Con ME al centro”, il progetto realizzato dalla Banking Academy di UniCredit che punta a sostenere le donne che intendono avviare un’attività economica. Il progetto, realizzato anche grazie al supporto di Confapi che ha deciso di collaborare a questa iniziativa, punta a supportare la crescita delle competenze imprenditoriali nelle donne e a stimolare l’avvio di nuove microimprese, offrendo un’opportunità di reskilling anche a donne che hanno perso la propria occupazione e intendono reinserirsi nel mercato del lavoro.

Più nel dettaglio, la struttura del progetto prevede una prima fase di orientamento per supportare le neo-imprenditrici nell’accendere il loro spirito imprenditoriale, comprendendo le proprie attitudini valorizzandole e fornendo loro una formazione per apprendere le basi dell’avvio di un’attività di microimpresa. Una seconda fase prevede invece incontri interattivi con professioniste specializzate in diverse materie e, a seguire, con imprenditrici di prima generazione per rispondere ai quesiti delle partecipanti e approfondire le tematiche affrontate durante lo studio in autonomia.

È possibile iscriversi al programma già da ora attraverso il seguente link: www.mealcentro.isapiens.it.

L’evento di lancio, con tutte le informazioni sul progetto, si svolgerà lunedì 27 giugno alle ore 16: per partecipare in diretta streaming clicca qui.

Andrea Jaeger, l’ex bambina prodigio finalista a Wimbledon rivela: “Molestata 30 volte negli spogliatoi”

La statunitense Andrea Jaeger ha lasciato un segno importante nel mondo del tennis. Una delle campionesse più precoci della storia, frenata nella sua carriera purtroppo da una serie di infortuni alla spalla, problema che l’ha costretta al ritiro a soli 19 anni, dopo sette interventi chirurgici. Nonostante il suo breve passaggio sui campi professionistici, ha ottenuto 10 titoli in carriera, a conferma delle sue doti da predestinata. Ha fatto la prima apparizione a Wimbledon a soli 15 anni, età in cui ha vinto il suo primo torneo a Las Vegas nel 1980.

Il suo impatto con l’ambiente dei professionisti non è stato facile.

Una donna componente dello staff WTA “ha avuto un grosso problema a tenere le mani a posto”. Andrea non ha voluto nominare questa signora che non lavora più nella federazione, e che a suo dire l’ha molestata sessualmente negli spogliatoi in almeno 30 diverse occasioni. Nel suo racconto la Jaeger ha parlato anche di un giocatore testimone che però non ha fatto “nulla per fermare le cose”.

All’età di 16 anni, nel 1982 dopo la sconfitta contro Evert nella finale dei Campionati WTA in Florida, in occasione di una festa organizzata dagli sponsor, un membro della WTA le ha offerto un drink: “Pensavo che il mio avesse un sapore davvero strano”. Dopo il suo terzo bicchiere, Jaeger ha iniziato a sentirsi spaesata, perché le bevande non erano la cola analcolica richiesta da lei ma era stato aggiunto del rum. Quando la festa stava finendo, l’impiegata della WTA ha dato a Jaeger un passaggio per tornare al suo appartamento. “Sono andata con lei e la sua ragazza in macchina. Quando siamo arrivati ​​al mio appartamento, mi ha accompagnato alla porta e ha provato qualcosa con me. Stava cercando di baciarmi. Ero così disgustato che stavo strisciando su per le scale all’interno cercando di non vomitare in modo che mio padre non mi vedesse”.

La cosa peggiore è stato quanto accaduto dopo la sua denuncia alla WTA: “Ho detto che questo deve finire. Ogni settimana devo preoccuparmi di questa m…a. Hanno detto che se dici ancora una parola su questo, ci assicureremo che la borsa di studio di tua sorella a Stanford venga ritirata. Ogni volta che ho cercato di difendere me stesso, sono stato minacciato che qualcun altro venisse colpito”. Una brutta storia insomma che fa tremare il mondo del massimo organo tennistico internazionale.

Posso vedere come in qualsiasi sport, anche adesso, a 40 anni di distanza, se un minore si trova ad affrontare situazioni simili, deve tacere quando si sente minacciato. Non posso permettere che subiscano più danni del genere“, ha concluso Jaeger, ritiratasi poi a soli 19 anni.

Andrea Jaeger è, dal 2006, suor Andrea, una suora domenicana e membro della Chiesa episcopale a Santa Rosa Beach, in Florida.

Avviso pubblico #Riparto – percorsi di welfare aziendale per agevolare il rientro al lavoro delle madri, favorire la natalità e il work-life balance

L’Avviso pubblico #RiParto è una iniziativa che si inserisce nell’ambito della missione istituzionale di competenza del Dipartimento per le politiche della famiglia di impulso e promozione di buone pratiche a tutti i livelli, pubblico e privato, che ha l’obiettivo di sostenere il ritorno al lavoro delle lavoratrici madri dopo l’esperienza del parto, anche attraverso l’armonizzazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia, mediante il finanziamento pari a 50 milioni di euro.

Possono presentare la domanda di finanziamento le imprese con sede legale o operativa sul territorio nazionale e i consorzi e i gruppi di società collegate o controllate, che possono partecipare anche in forma associata con altri soggetti aventi gli stessi requisiti richiesti dall’Avviso per i partecipanti singoli, costituendosi in associazione temporanea di scopo (ATS), contratto di rete o associazione temporanea d’impresa (ATI) e individuando un capofila che presenti una unica domanda di finanziamento, un unico progetto ed un unico piano finanziario.

L’Avviso prevede tre mesi di tempo per costruire il progetto di welfare aziendale finalizzato a sostenere il rientro al lavoro delle lavoratrici madri e a favorire l’armonizzazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia.

Le imprese dovranno inoltrare i progetti alla PEC dedicata entro il 5 settembre 2022, alle ore 12.

Non siamo ancora giunti alla parità di genere

Meno di metà delle donne in Italia lavora secondo i dati Istat della media annua 2021 (49,4%). In Europa la percentuale è 63,4%. Stiamo 14 punti sotto l’Europa. Nel complesso del Mezzogiorno solo una donna su tre lavora e regioni come la Lombardia, il Piemonte, il Veneto, non hanno ancora raggiunto il 60% di tasso di occupazione femminile, che era obiettivo per l’Europa per il 2010.

Nessuna regione italiana raggiunge la media europea, tranne Bolzano con il 63,7%, poco al di sopra. In Italia meno di una donna su due lavora. La distanza del tasso di occupazione femminile da quello maschile è arrivata a toccare i 18,2 punti percentuali, contro i “soli” 10,1 punti della media europea.

Il tasso di occupazione femminile scende poi ulteriormente tra le donne giovani (33,5%) e le donne che vivono nel Sud Italia (32,5%). E inoltre, si segnala che il tasso delle donne Neet – ossia tutte le giovani donne che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione – è cresciuto dal 27,9% al 29,3%, contro una media dell’Unione europea del 18%. Infine, segna un brusco aumento anche il numero di donne costrette al lavoro part-time involontario (ossia tutte quelle che si accontentano di un lavoro part-time anche se alla ricerca di un full-time): dal 60,8% del 2019 si è passati al 61,2% del 2020. In Europa questo tasso è al 21,6%, circa tre volte in meno.

Sulla parità di genere serve un piano di azioni di sistema che non c’è, con valutazione di impatto. È questo il vero nodo. È ora che la parità di genere diventi una vera priorità del Paese. Non a parole.

Le donne ai vertici delle grandi aziende dovranno essere almeno il 40%: arriva la direttiva per la parità di genere nei Cda

Il 7 giugno è stato raggiunto l’accordo tra Parlamento, Consiglio e Commissione europea sulla tanto attesa Direttiva Women On Boards, che mira a garantire la parità di genere dei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa nell’Unione europea. Almeno il 40% degli incarichi da amministratori non esecutivi o il 30 per cento di tutti gli incarichi da amministratori dovranno essere donne. Infatti, nel caso in cui ci siano due candidati di generi diversi, a parità di qualifiche, la priorità dovrà essere data a quello femminile. Le società dovranno presentare alle autorità competenti, una volta all’anno, informazioni dettagliate sugli obiettivi che hanno raggiunto e, qualora fossero in difetto, dovranno riportare come intendono integrare le mancanze.

Le aziende, ad esclusione delle piccole e medie imprese con meno di 250 dipendenti, dovranno raggiungere gli obiettivi fissati entro il 30 giugno 2026, oltre il quale sono previste delle sanzioni specifiche a proporzione dell’azienda in questione.

Definiti i parametri per la certificazione della parità di genere

Con il decreto del 29 aprile 2022 sono stati definiti i parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere alle imprese, attuando la previsione contenuta nel comma 147. In particolare, i parametri riguardano le “Linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere che prevede l’adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator – Indicatori chiave di prestazione) inerenti alle Politiche di parità di genere nelle organizzazioni”, condiviso dal tavolo tecnico istituito con decreto del Capo del Dipartimento per le pari opportunità del 1° ottobre 2021 (le cui funzioni sono cessate per effetto dell’art.1 comma 4 del decreto del 5 aprile 2022).

Sotto il profilo operativo, il datore di lavoro sarà tenuto a fornire annualmente un’informativa aziendale sulla parità di genere, che rifletta il grado di adeguamento ad UNI/PdR 125:2022. Ciò allo scopo di permettere alle rappresentanze sindacali aziendali e alle consigliere e ai consiglieri territoriali e regionali di parità di controllare e verificare il rispetto dei requisiti necessari al mantenimento dei parametri minimi.

Il calcio femminile verso il professionismo e la parità delle lavoratrici

A partire dal 1° luglio 2022, come comunicato dal Consiglio Federale della Figc, il calcio femminile in Italia diventa professionistico. Fare la calciatrice diventerà una vera e propria professione e non inquadrato più solo come dilettantistico. “Finalmente ci sono le norme che disciplinano l’attività e l’esercizio del professionismo del calcio femminile, è una giornata importante, dal 1° luglio inizia il percorso. Oggi siamo la prima federazione in Italia ad avviare ed attuare questo importante percorso”, ha dichiarato il presidente Gravina.

Il Consiglio Federale ha approvato l’impianto di norme relative alle Licenze Nazionali presentato dal presidente federale valide per l’iscrizione ai prossimi campionati, che prevede il rispetto di un parametro, tra gli altri, quale l’indice di liquidità dal valore di 0,5 per la Lega di A e di 0,7 per Lega Pro e Lega di B. “E un indice di liquidità ammissivo a 0,5 per la Lega di Serie A con soli due correttivi che sono quelli storici, senza ulteriori variazioni richieste dalla Serie A – ha commentato il presidente della Figc Gravina a margine del Consiglio Federale. I correttivi tengono conto sia della parte relativa al patrimonio, sia di quella relativa al rapporto costi-ricavi del mondo lavoro allargato. La Lega di A ha votato contro e chiedeva lo 0,4 con alcuni correttivi che non abbiamo ritenuto accettabili”. La Serie B, invece, si è astenuta dal voto sull’indice di liquidità.

Lorenzo Casini, presidente della Lega Serie A, a margine del Consiglio federale ha commentato così il passaggio al professionismo del calcio femminile: “É un’ottima notizia, sono molto contento. E mi ha sorpreso leggere di resistenze della Serie A su questo. É l’opposto! Mi auguro che la Lega Serie A giunga presto ad avere due divisioni, maschile e femminile, così da poter valorizzare ancora di più un movimento in forte crescita”.