La Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio

Nelle ultime legislature, in Parlamento sono state istituite Commissioni d’inchiesta sul fenomeno del femminicidio e della violenza di genere. In particolare, al Senato l’istituzione della Commissioni suddette ha avuto luogo tanto nella XVII quanto nella XVIII legislatura. Entrambe le Commissioni hanno svolto indagini sui molteplici aspetti della violenza contro le donne, i cui risultati sono illustrati in maniera approfondita nelle relazioni finali del 6 febbraio 2018 e del 6 settembre 2022. Nella XVIII legislatura, la Commissione ha inoltre pubblicato numerose relazioni su specifici argomenti, toccando temi come l’educazione scolastica, la salute femminile, le mutilazioni genitali, i percorsi trattamentali per uomini autori di violenza, il finanziamento dei centri antiviolenza, la violenza domestica nel periodo Covid.

Nella legislatura corrente, è stata approvata la legge 9 febbraio 2023, n. 12 (pubblicata sulla G.U. n. 41 del 17 febbraio 2023) che prevede l’istituzione di una Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. La Commissione si è costituita nella seduta del 26 luglio 2023; è composta da 18 senatori e 18 deputati ed ha il compito di svolgere indagini sulle reali dimensioni e cause del femminicidio e, più in generale, di ogni forma di violenza di genere, monitorare la concreta attuazione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nonché di ogni altro accordo sovranazionale e internazionale in materia e della legislazione nazionale ispirata agli stessi principi, con particolare riguardo al decreto-legge n. 93 del 2013 e alla legge n. 69 del 2019 (c.d. “Codice rosso”), accertare le possibili incongruità e carenze della normativa vigente in materia rispetto allo scopo di tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti, al fine di una sua eventuale revisione (con specifico riferimento alla normativa penale concernente le molestie sessuali perpetrate in luoghi di lavoro), come pure a proseguire l’analisi degli episodi di femminicidio, verificatisi a partire dal 2016, per accertare se siano riscontrabili condizioni o comportamenti ricorrenti, valutabili sul piano statistico, allo scopo di orientare l’azione di prevenzione. accertare il livello di attenzione e la capacità di intervento delle autorità e delle amministrazioni pubbliche competenti a svolgere attività di prevenzione e di assistenza, verificare, come raccomandato dall’OMS, la realizzazione di progetti educativi nelle scuole, proporre soluzioni di carattere legislativo e amministrativo per realizzare adeguata prevenzione e contrasto ad ogni forma di violenza di genere nonché per tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti; valutare inoltre la necessità di redigere testi unici, al fine di implementare la coerenza e la completezza della regolamentazione in materia di violenza sulle donne, monitorare il lavoro svolto dai centri antiviolenza operanti sul territorio, ivi compresi i centri di riabilitazione per uomini maltrattanti, e l’effettiva applicazione da parte delle Regioni del Piano antiviolenza e delle linee guida nazionali per le aziende sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso e assistenza sociosanitaria alle vittime di violenza, verificare l’effettiva destinazione delle risorse stanziate dal decreto-legge n. 93 del 2013 e dalle leggi di stabilità e di bilancio alle strutture che si occupano di violenza di genere e fare in modo che siano assicurati finanziamenti certi e stabili al fine di evitarne la chiusura.

Con la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (legge n. 77 del 2013), l’Italia ha compiuto una serie di interventi volti a istituire una strategia integrata per combattere la violenza nel solco tracciato dalla Convenzione. La legge n. 69 del 2019 (c.d. codice rosso) è il provvedimento che più ha inciso nel contrasto alla violenza di genere e che ha rafforzato le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica, introducendo alcuni nuovi reati nel codice penale (tra cui il delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, quello di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti e quello di costrizione o induzione al matrimonio) ed aumentando le pene previste per i reati che più frequentemente sono commessi contro vittime di genere femminile (maltrattamenti, atti persecutori, violenza sessuale). In particolare, per quanto riguarda il diritto penale, la legge introduce nel codice quattro nuovi delitti: il delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, il delitto di costrizione o induzione al matrimonio, il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Anche il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi è inserito nell’elenco dei delitti che consentono nei confronti degli indiziati l’applicazione di misure di prevenzione.

Anche la legge di riforma del processo penale (legge n. 134 del 2021) ha previsto un’estensione delle tutele per le vittime di violenza domestica e di genere, mentre la legge n. 53 del 2022 ha potenziato la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere attraverso un maggiore coordinamento di tutti i soggetti coinvolti. Con la legge n. 12 del 2023 si prevede l’istituzione di una Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. La legge n. 122 del 2023 interviene sull’obbligo per il pubblico ministero di assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato. Qualora il p.m. non abbia rispettato il suddetto termine, il procuratore della Repubblica può revocare l’assegnazione del procedimento al magistrato designato ed assumere senza ritardo le informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia direttamente o mediante assegnazione a un altro magistrato dell’ufficio.

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