Molestie e abusi sulle donne nel settore pubblicitario. We Are Social condanna l’accaduto

A seguito dell’intervista rilasciata a Massimo Guastini, pubblicitario co-fondatore dell’agenzia Cookies & Partners, da Monica Rossi, in cui accusa Pasquale Diaferia, altrettanto famoso pubblicitario, di essere molestatore e abusatore seriale di giovani e meno giovani colleghe pubblicitarie o tirocinanti, uno dei tre fondatori dell’agenzia We Are Social, Gabriele Cucinella, il network citato da Massimo Guastini, ha risposto su Facebook all’ex capo di Adci, ed è stato intervistato da Prima Comunicazione.

Di seguito riportiamo l’intervista rilasciata da Prima Comunicazione, a Gabriele Cucinella e al capo delle risorse umane dell’agenzia We Are Social, Giuliana Piana Caramella.

Prima Comunicazione – Qual è la vostra posizione sulla querelle sulle molestie sessuali nelle agenzie? In che cosa consisteva la vostra ‘chat degli 80’, bacchettata sui social e ora anche sui grandi giornali?

Gabriele Cucinella – Vorrei cominciare dalla nostra ricostruzione dei fatti e da una contestualizzazione. Va rimarcato che siamo chiamati in causa per qualcosa accaduto sette anni fa. Che esistesse dal 2016 una ‘chat degli ottanta’ sulla piattaforma Skype che certamente aveva contenuto inaccettabili commenti sessisti noi l’abbiamo scoperto nel 2017, quando è stata chiusa. L’azienda ha sempre ritenuto che questa iniziativa fosse stata ignobile e vergognosa e l’abbiamo subito condannata. Abbiamo anche fatto un controllo interno, ma sui nostri sistemi non avevamo la possibilità di identificare alcun contenuto, perché la chat Skype non era utilizzata ufficialmente dall’azienda. Era stata creata da dei singoli, nessuno di noi tre fondatori dell’agenzia era presente al suo interno e non abbiamo avuto alcuna possibilità di risalire ai contenuti. Non disponiamo ancora oggi di alcun messaggio, post, screen shot di quella chat. Comunque, visti i nuovi elementi emersi ribadiamo che consideriamo inaccettabile l’accaduto. Abbiamo appena deciso di intraprendere nuove azioni e abbiamo incaricato un ente terzo di rifare le indagini.

Prima Comunicazione –Anche se l’avete fermata, le decine di persone che partecipavano alla chat raccontano comunque un clima, una maniera di vivere le dinamiche lavorative a diri poco velenoso. Non erano solo cinque o sei persone ad essere coinvolte…

Gabriele Cucinella – Personalmente penso che sarebbe stato ugualmente grave anche se i partecipanti fossero stati pochissimi. Condanniamo quanto accaduto a prescindere dal numero dei partecipanti alla chat.

Ma quanto avvenuto non aveva alcun rapporto con lo stile e la modalità di vivere la nostra struttura. Non era il sintomo di un clima generale nel 2016 e nel 2017. Mi conforta, da questo punto di vista, il fatto che stiamo ricevendo tanti messaggi di solidarietà da ex dipendenti.

Prima Comunicazione – Avete licenziato o ‘ammonito’ qualcuno dei ‘colpevoli’, ai tempi?

Gabriele Cucinella – Chi ci fosse dentro non lo sapevamo. Avremmo forse potuto indagare di più, ma senza possibilità di accedere alla chat abbiamo ritenuto di procedere diversamente, cioè con azioni proattive di sensibilizzazione.

Giuliana Piana Caramella: Siamo consapevoli del fatto che su temi così critici qualsiasi azione rischi di non essere mai percepita come esaustiva. Ma si può molto migliorare e continuare a farlo. Quello che posso dire senza temere di essere smentita è che il clima aziendale di We Are Social è sano. L’attenzione per le proprie persone è un fatto reale, un aspetto imprescindibile del dna dell’agenzia. E abbiamo implementato da tempo delle pratiche strutturate per raccogliere i segnali in tutta trasparenza e senza timori di un eventuale disagio tra chi lavora in agenzia.

Due ricerche interne annuali e indipendenti monitorano proprio questo aspetto. Ci sono degli items specifici, definiti proprio per misurare il ‘clima’. Ma anche delle domande aperte, per lasciare la possibilità di esprimersi in maniera più generale. E per mettere noi delle risorse umane nelle condizioni di creare degli ‘action plan’ mirati a risolvere i problemi emergenti dei dipendenti.

Abbiamo al nostro interno un organo dedicato specificamente alla diversity & inclusion ed è molto propositivo e attivo con dati e statistiche anonime. Abbiamo uno sportello psicologico. Abbiamo fatto dei training specifici, con partner esterni qualificati, per spiegare bene il codice etico che tutti firmano al momento dell’assunzione.

Prima Comunicazione – Pensate sia stato doveroso uscire allo scoperto? 

Gabriele Cucinella – Siamo intervenuti nella vicenda noi direttamente, per esigenza di trasparenza. Ho risposto su FB al post di Guastini che chiamava in causa genericamente l’agenzia della chat degli 80. Volevo chiarire la nostra posizione e dimostrare la nostra totale apertura al confronto su un tema così cruciale. La mia risposta su FB a Guastini non voleva giustificare certo le problematiche della chat. Sicuri delle nostre azioni ci siamo impegnati a chiarire. Non abbiamo mai pensato di nasconderci ed è per questo che abbiamo accettato di rispondere a Prima.

Prima Comunicazione – È indubbio che la vicenda vi procuri danni di reputazione.

Gabriele Cucinella – Certi commenti e certe testimonianze sono per noi dolorosi. Siamo profondamente rammaricati perché da quando siamo nati abbiamo sempre pensato che l’agenzia dovesse essere un posto di lavoro sereno, dove le persone si trovassero bene e fossero libere di esprimersi, puntando sulla trasparenza sotto tutti i punti di vista.

Questi valori rimangono al centro del nostro modo d’intendere la sfera privata e professionale. Ma stiamo pure valutando quali iniziative intraprendere a difesa dell’agenzia e delle duecento famiglie che hanno un destino collegato ad essa.

Prima Comunicazione – Che vi dicono i clienti?

Gabriele Cucinella – Stiamo raccontando la situazione e tenendo aggiornati tutti minuto per minuto sugli sviluppi, in totale sincerità. È evidente che si tratta di una vicenda in divenire, che ci obbliga di continuo a reagire a domande e situazioni non sempre prevedibili. La gestione del rapporto con i clienti in questa fase è uno dei nostri focus.

Prima Comunicazione – Una, Ferpi, Adci sono scese in campo con documenti, convocazione di consigli straordinari, dichiarazioni. C’è un problema culturale – legato alla storia e al vissuto del settore – che rimane critico, come molte “denunce” social lasciano intendere?

Gabriele Cucinella – Certamente c’è un tema di cambiamento profondo, sul quale tutto il settore deve lavorare per crescere in sensibilità e stile di comportamenti. Come in altri comparti, dobbiamo sforzarci per fare tutti assieme un bel passo avanti culturale.

Giuliana Piana Caramella – Dal mese di aprile, da prima che nascesse il caso, stiamo lavorando ad un audit che ci porti alla certificazione di genere. Un percorso di evoluzione che abbiamo intrapreso coerentemente con altri sforzi e impegni che vanno sempre nella direzione della salvaguardia delle nostre persone.

Prima Comunicazione – In sintesi, cosa vuole comunicare alle persone toccate da questa vicenda …

Gabriele Cucinella – Vorrei ribadire la mia solidarietà a chi si è sentito offeso e scusarmi. Lo faccio anche a nome di Ottavio Nava e Stefano Maggi, che con me sono stati i pionieri di We Are Social e continuano a guidarla. Assicurando a tutti che stiamo rafforzando l’impegno nelle attività volte a rendere il nostro ambiente sempre più inclusivo e fare sì che questi episodi non accadano più.

21 Giugno 2023 – 6Libera festeggia 2 anni

In occasione del secondo anniversario di 6Libera, l’Osservatorio contro le molestie e violenze sul lavoro, siamo orgogliosi di omaggiarvi del nostro fumetto “Giustizia Lavorativa”, un’opera coinvolgente e potente che affronta il tema delle molestie e delle violenze sul lavoro. Questo progetto mira a sensibilizzare e promuovere una discussione su una questione di fondamentale importanza, mediante l’ausilio di un fumetto che in modo facile e intuitivo spiega la mission di 6Libera e in che modalità è possibile prevenire contro le forme di violenza sui luoghi di lavoro.

La protagonista del fumetto, Giustizia Lavorativa, incarna la forza, la resilienza e la determinazione necessarie per combattere le ingiustizie sul posto di lavoro. Dotata di straordinari poteri, Giustizia Lavorativa rileva le ingiustizie e mobilita i lavoratori per affrontare le molestie, le violenze e le discriminazioni. Indossando un costume che richiama la giustizia e la dignità del lavoro, Giustizia Lavorativa simboleggia la protezione e la speranza per coloro che sono vittime di ingiustizie. La maschera che copre gli occhi rappresenta la necessità di proteggere l’identità dei lavoratori che si rivolgono a lei per aiuto, garantendo loro un ambiente sicuro per denunciare e far valere i propri diritti.

L’Italia arretra sulla parità di genere. Il report del World Economic Forum

Secondo quanto riportato dal Rapporto globale sulla disparità di genere 2023 del World Economic Forum, l’Italia è ben lontana dalla parità di genere. Anche se il percorso verso l’uguaglianza tra i sessi torna ai livelli pre-pandemia, secondo il World Economic Forum si otterrà una vera uguaglianza non prima del 2154.

Il rapporto rileva che il divario complessivo tra i sessi si è ridotto di 0,3 punti percentuali rispetto all’edizione dello scorso anno. Il progresso complessivo nel 2023 è in parte dovuto alla riduzione del divario nel livello di istruzione, con 117 Paesi su 146 indicizzati che hanno colmato almeno il 95% di tale divario. Nel frattempo, il dislivello nella partecipazione economica e nelle opportunità si è ridotto del 60,1% e quello nell’emancipazione politica solo del 22,1%. Al ritmo attuale, ci vorranno 169 anni per la parità economica e 162 anni per quella politica.

L’Italia perde 16 posizioni in un anno slittando dalla posizione 63 alla 79, dopo Thailandia, Etiopia, Georgia, Kenya e Uganda. Le cose vanno ancora peggio se si guarda alla partecipazione economica e alle opportunità (104esima posizione). La migliore performance tra gli ambiti analizzati è quella relativa alla politica che vede l’Italia alla 64esima posizione.

Guardando alla classifica europea l’Italia si colloca alle 30esima posizione dopo Bulgaria, Montenegro, Malta e Macedonia.

L’Islanda, invece, si conferma per il 14° anno consecutivo il primo Paese al mondo per uguaglianza di genere e l’unico ad aver colmato oltre il 90% del divario di genere. Sebbene nessun Paese abbia ancora raggiunto la piena parità di genere, i primi nove classificati hanno colmato almeno l’80% del loro divario.

Abolire la diseguaglianza di genere: il 41% delle aziende non ha un piano

Secondo una ricerca condotta in Italia dal movimento delle B-Corp siamo ancora molto lontani dalla piena uguaglianza tra uomini e donne nel contesto lavorativo. All’interno del B-Corp sono presenti aziende che si impegnano a rispettare determinati standard per garantire un impatto positivo per dipendenti, società e ambiente.

La ricerca ha permesso di analizzare 700 imprese italiane. Il 41% di queste aziende analizzate non ha in atto nessun piano aziendale o strategia strutturata per combattere le disuguaglianze e abolire il gender pay gap. In Italia, nel lavoro, mancano imprenditrici e donne a ogni livello. Solo il 19% delle imprese conta, tra i propri soci, almeno un quarto di donne. Anche nei ruoli manageriali e di leadership le lavoratrici sono ampiamente sottorappresentate e solo il 30% conta professioniste nei loro consigli di amministrazione.

Frasi sessiste al corso per magistrati

A Firenze, presso la prestigiosa Scuola per magistrati di Scandicci, a pochi giorni dal giuramento dei giovani studenti davanti al presidente Sergio Mattarella, durante un collegamento da remoto del relatore Daniele Domenicucci con l’aula per una lezione su “Le pregiudiziali davanti alla Corte di Giustizia”, compare sullo schermo una chat sessista con un collega. Il Comitato direttivo della Scuola superiore di Magistratura ha sospeso la collaborazione con i due relatori coinvolti, scrivendo in una lettera agli allievi: «Pur non potendo in alcun modo essere ritenuto responsabile del contenuto dei messaggi che i due coordinatori si sono scambiati, ci teniamo a farvi sapere che deploriamo fortemente l’accaduto e intendiamo stigmatizzare il comportamento dei due referendari della Corte di giustizia, non magistrati, che non saranno più chiamati a collaborare in attività di formazione della scuola superiore della magistratura».

Molestie e abusi sulle donne nel settore pubblicitario

Un’intervista choc rilasciata da Massimo Guastini a Monica Rossi sta facendo discutere l’intero mondo della pubblicità italiana e non solo. Massimo Guastini è un pubblicitario dal 1983, co-fondatore dell’agenzia Cookies & Partners, artefice di moltissime campagne pubblicitarie nazionali di successo, tra cui quelle di eBay, Jaguar, PayPal, EasyJet, Siemens, Il Sole 24 Ore, Badedas, Champion, Abbey National Bank, Yamaha. Per due mandati è stato anche il Presidente dell’Art Directors Club Italiano (ADCI), che è l’associazione che da quasi 40 anni riunisce i migliori professionisti nel campo della comunicazione pubblicitaria in Italia.

Secondo Guastini, Pasquale Diaferia, altrettanto famoso pubblicitario, conosciuto per la famosa campagna “Toglietemi tutto, ma non il mio Breil”, e ideatore di altre campagne nazionali per noti marchi come Barilla, Moschino, Olivetti, Panorama, sarebbe un molestatore e abusatore seriale di giovani e meno giovani colleghe pubblicitarie o tirocinanti.

Andando più nello specifico, e riportando parte dell’intervista:

Massimo Guastini: io ho intuito che nel vostro mondo, il mondo della pubblicità, attualmente ci sia un problema di molestie sessuali. È così?

Sì, è proprio così.

E di uno di questi molestatori seriali conosciamo bene il nome e il cognome: Pasquale Diaferia.

La questione è tornata d’attualità recentemente visto che è stato nuovamente invitato dall’ADCI a fare il mentore. Vale a dire incontrare giovani professioniste del settore pubblicitario per valutarne il talento ed eventualmente favorirne l’ingresso nel mondo del lavoro. Ruolo e funzione per i quali servirebbero, secondo me, requisiti morali estranei a Diaferia. Perché nel ruolo di mentore dovremmo mostrare il meglio del nostro lavoro e non il peggio dell’essere umano.

Ma è un caso isolato?

No, non lo è.

Potrei parlarti di una famosa chat in cui diversi uomini catalogavano e davano i voti chi al culo, chi alle tette, chi alle gambe di queste giovani stagiste che potevano essere le loro figlie.

[…]

Ma chi è Pasquale Diaferia?

Posso dirti che quando venni eletto presidente ADCI nel 2011 firmò un articolo molto generoso nei confronti della mia candidatura che si intitolava “Il peso delle idee”.

Ma aveva già molestato la mia stagista sicché mi guardai bene dallo spendere anche solo una parola di ringraziamento per quei complimenti.

Invece, professionalmente parlando, una campagna che ha fatto e di cui si è detto molto fiero è “Toglietemi tutto ma non il mio Breil”.

… frase che dopo tanti anni io aggiornerei così “Toglietemi pure il mio Breil, ma per favore non il mio futuro.”

Di seguito l’intera intervista rilasciata e pubblicata nella pagina social di Monica Rossi, clicca qui.

Svimez: in Sicilia lavora solo il 30,5% delle donne

In Sicilia lavora solo il 30,5% delle donne, se poi sono madri il dato diventa ancora più allarmante. Lo rivela lo SVIMEZ, un’associazione privata senza fini di lucro che evidenzia che seppur l’occupazione nel 2022 è cresciuta rispetto al 2021 anche per le donne, le regioni italiane del Mezzogiorno non riescono a recuperare terreno e restano in fondo alla classifica. Nel 2022 in Sicilia, ultima in Ue per occupazione femminile, solo il 30,5% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavorava (solo il 29,1% nel 2021) a fronte del 64,8% medio dell’area euro.

Al Nord, il tasso di occupazione femminile tra i 25 e i 49 anni scende dall’85% per le donne senza figli al 66% per le madri con figli di età inferiore ai 6 anni (-22%). Nel Sud cala in maniera ancora più accentuata: dal 58% ad appena il 38 per le donne con figli in età prescolare. Anche per la carenza di servizi per l’infanzia, nelle regioni meridionali la maternità riduce il tasso di occupazione delle giovani donne di oltre un terzo.

La distribuzione provinciale delle risorse assegnate ai Comuni segnala significative differenze intra-regionali, soprattutto nelle regioni più grandi: in quasi tutte quelle meridionali, la provincia con il maggior fabbisogno di investimenti non coincide con quella che ha ricevuto le maggiori risorse pro capite. Questa situazione caratterizza, in particolare, Napoli e Palermo che si trovano tra le ultime quindici province nella graduatoria per risorse pro capite assegnate pur avendo, ad esempio nel caso delle mense, una percentuale bassissima di alunni che possono usufruirne (rispettivamente 5,7 e 4,7).

Lo Svimez sottolinea che nelle famiglie italiane si registrano tassi di occupazione sensibilmente più elevati per i genitori che per i figli (67,8% contro il 56,1%) e il tasso di occupazione dei padri italiani è pari all’83,2% a fronte del 55,1% delle madri.

L’UE ratifica la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne

A Bruxelles è stato portato a termine il percorso di ratifica della Convenzione di Istanbul, il trattato contro la violenza sulle donne e la violenza domestica stipulato nel 2011 a cui, nel corso degli anni, hanno aderito 21 Paesi UE su 27. Si stima, attualmente, che una donna su due nell’Ue abbia subito molestie sessuali. 600.000, invece, sono quelle che hanno subito mutilazioni genitali. La Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese al termine di un periodo di tre mesi a far data dal deposito dello strumento di adesione presso il Consiglio d’Europa.

Non si tratta dell’unico provvedimento in materia di violenza sulle donne in corso di approvazione da parte dell’Unione europea. Nel 2020 è inoltre stata adottata una strategia per la parità di genere per il periodo 2020-2050 nell’ambito della quale sono previste numerose misure di prevenzione e contrasto al fenomeno della violenza. L’Unione Europea lo scorso novembre ha annunciato l’introduzione di un numero unico di assistenza telefonica per le donne vittime di violenza: 116 016.

Per ulteriori informazioni, leggi il comunicato della Commissione Europea, clicca qui.

Violenza privata ai danni della conduttrice del TG1 Dania Mondini

Indagini chiuse e rischio processo per i cinque giornalisti e i dirigenti di Rai 1 accusati di stalking, lesioni e tentativo di violenza privata in concorso tra loro nei confronti della conduttrice del Tg Dania Mondini. La vicenda risale al 2018 e si tratta dell’allora vicedirettore del Tg1 Filippo Gaudenzi, di Andrea Montanari, poi direttore di Radio Rai 3; Marco Betello; Piero Felice Damosso e Costanza Crescimbeni, tutti ai vertici del telegiornale di rete. La Procura Generale, dopo aver avocato le indagini e dopo accurati accertamenti, ha concluso le indagini preliminari.

Al centro delle indagini ci sarebbero comportamenti discriminatori nei confronti della giornalista, penalizzata tramite la sola realizzazione di servizi brevi oltre ad essere stata più volte aggredita verbalmente e messa in stanza con un collega che “non riusciva a trattenere flatulenze ed eruttazioni”, rendendole poco piacevole l’ambiente di lavoro, al sol fine di costringerla ad abbandonare il lavoro.

Al centro delle indagini le denunce per i comportamenti discriminatori contro la giornalista, il demansionamento professionale e le aggressioni verbali più volte proferite.

Ricerca di figure professionali da inserire nella banca dati dell’Associazione 6come6.6libera

L’Associazione 6come6.6libera il 17/04/23 presenta l’istanza di partecipazione all’Avviso “Sicilia che piace – Cod. ID S.4.5.23”.

Siamo alla ricerca delle seguenti figure professionali:

  • Un rendicontatore
  • Un responsabile della segreteria tecnica e organizzativa
  • Un social media manager esperto middle
  • Un coordinatore istituzionale
  • Un membro della segreteria amministrativa e legale
  • Un esperto di progettazione
  • Due consulenti junior social manager

Se interessati si richiede l’invio del proprio curriculum vitae alla mail info@6libera.org o la consegna a mano presso la sede legale e la sede operativa dell’associazione 6come6.6libera.

Prima dell’adesione alla banca dati di professionisti saranno verificate competenze spendibili ai fini dell’Associazione, gli interventi, le azioni e le attività progettuali. L’Associazione 6come6.6libera si riserva di selezionare i Curriculum Vitae ricevuti all’indirizzo e-mail info@6libera.org con la nostra referente Avv. Carla Petruso altresì attraverso la banca dati dello sportello Trova Lavoro di Pensiamoasud.eu con il referente dott. Antonio Borzì.

Le selezioni per l’inserimento in banca dati esperti dell’associazione avverranno per titoli e colloqui (ove ritenuto necessario).